Una scultura

UNA SCULTURA
 
Francesco Zavattaro Ardizzi, 2022


La realizzazione di una scultura si compone di molte fasi, e ciascuna fase presenta possibili rischi di fallimento o di deviazione dall'obiettivo iniziale.
 
All'inizio la scultura è solo un'idea, un'intuizione. Da schizzare rapidamente, e fissare sulla carta. E, questo, non tanto per evitare di dimenticarla, quanto per evitare di articolarla ulteriormente, deviando dall'idea originale.
Personalmente, questa fase mi accade soprattutto la mattina, mentre preparo il caffè. Quando capita, metto a fuoco l'idea, visualizzo l'immagine, e la appunto con una biro su di un foglietto, di quelli pronti all'uso per la lista della spesa.
Da questo primo appunto, visualizzo l'opera nello spazio, e la disegno ripetutamente, sempre usando questi foglietti, raffigurandola da vari punti di vista: di fronte, di lato, dall'alto, di tre quarti... In questa fase nascono varie versioni dell'idea primigenia.
 
Disegnando, ragiono sul sentimento che voglio esprimere, su quali elementi possono aiutare a renderlo al meglio. Ed al contempo comincio a definire le dimensioni principali, e ragiono sull'armatura per il sostegno del modellato, che sarà in argilla, pesante e deformabile.
Mi prefiguro anche come realizzare il calco, per poter ricavare dal modellato in argilla l'opera finita in bronzo, o resina.
E mi interrogo sulla finitura più appropriata, sulle zone di luce e di ombra, sulle parti che vorrei tenere lucide e su quelle opache, tratteggiandole in chiaro-scuro per visualizzare l'effetto che presenterebbe l'opera finita.
Giungo così ad alcuni bozzetti minuti, su pezzetti di carta volanti.
Uso dei pizzini, e non un quaderno, per sentirmi libero di sbagliare, di esplorare e stracciare, di rivedere e ripensare.
 
Quindi, se una delle varie ipotesi mi convince - a volte, l'idea esaurisce la sua spinta e tanto basta - la metto in bella.
La disegno su un piano assonometrico: fronte, lato, dall'alto.
Traccio le armature. Annoto a margine le fasi di realizzazione del calco.
Riporto quindi in quota le dimensioni principali: saranno utili per la realizzazione dell'armatura.
 
È questa una fase tecnica, dove le emozioni devono lasciare spazio alla ragione, la fantasia passa il testimone alla razionalità. Una scultura non realizzabile rimarrebbe un disegno, al più un bozzetto per un dipinto.
 
Fatto questo, comincia la realizzazione della scultura vera e propria: si entra nella terza dimensione, si passa al lavoro in atelier.
Appendo i disegni di studio sul cavalletto, lo osservo a lungo.
Preparo una tavola di lavoro, estraggo tubolari e bulloni, fascette e bobine di alluminio.
Visualizzo l'opera sul piano, imposto a spanne l'armatura di sostegno.
Controllo con il centimetro, aggiusto l'armatura affinché resti in sagoma.
Quindi prendo l'argilla, ed inizio a comporre la massa dell'opera.
 
In questa fase, se ti fai prendere la mano, corri il rischio di deviare dall'idea iniziale. A volte nasce qualcosa di nuovo, che vale la pena di tenere. Più spesso, se ti lasci trasportare dalla modellazione, scivoli fuori strada. L'idea perde di forza, la scultura perde di interesse. Quando mi accade, di solito perdo interesse anche nell'idea stessa. Quindi cerco sempre di fare molta attenzione in questa fase: mi sforzo di mantenere focalizzata l'idea iniziale.
 
Completata l'imbastitura della scultura, allora, certamente, posso (devo) anche concedermi delle variazioni sul tema: superfici e particolari possono essere accentuati e dettagliati, oppure rimossi ed appianati.
Qui si entra in una nuova fase cruciale: un artista deve capire quando deve terminare l'opera, quando fermarsi. Un eccesso di modellazione potrebbe distrarre l'osservatore, e rovinare l'effetto finale: potrebbe ricoprire e sotterrare - ancora una volta - l'idea iniziale.
In questa fase si consuma una lotta interiore, tra il desiderio di continuare, definire, perfezionare, e la coscienza di doversi fermare, per non perdere di vista l'idea iniziale. Non è possibile terminare un'opera: semplicemente, giunge un momento in cui occorre abbandonare l'opera.
Personalmente, per controllare questa fase, mi impongo di lavorare per pochi minuti al giorno. Il tempo aiuta, l'occhio si abitua e l'idea iniziale ha l'opportunità di tornare a fuoco.
 
Conclusa, quindi, questa fase creativa, si passa ad una nuova fase, puramente tecnica. Il passaggio è immediato, non è opportuno far attendere l'argilla. Potrebbe asciugarsi e ritirarsi, nel frattempo.
Dal modellato bisogna passare alla replica, tramite la realizzazione di un calco.
Si applica un primo strato di gomma siliconica, quindi un secondo ed un terzo, studiando accuratamente le forme dei conci per evitare zone in sottosquadro che impedirebbero l'apertura del calco (nel caso, irrimediabilmente da rifare). Quindi si riveste con gesso, garze e tubolari metallici per realizzare un controstampo che tenga in forma la gomma siliconica. Per ottenere, infine, uno stampo che consenta di replicare il modellato iniziale. Una fase che non lascia spazio all'emotività e distrazioni, da eseguire con freddezza ed attenzione.
 
Dal calco, si ricava quindi la replica. In cera, se va ricavato un bronzo. In gesso o resina, se l'opera finita è voluta in questi materiali.
Anche questa una fase tecnica, metodica. La sola parte emozionante è l'apertura dello stampo, al termine della formatura. Vi segue la cesellatura del pezzo, che normalmente presenta piccole imperfezioni e tratti da rifinire, e la preparazione della superficie per la successiva applicazione della patina.
 
La patina: una nuova fase creativa, pittorica. Realizzato il supporto, l'opera va vestita di luce e di ombre, riflessi ed opacità, che ne valorizzino materia e spirito.
E, di nuovo, sforzandosi di richiamare a mente l'idea iniziale, il sentimento che ha mosso tutta questa mole di lavoro.
 
E quindi, finalmente, l'Opera finita.
Emozione, fatta materia.
Idea, resa concreta forma nello spazio.
 
Molto lavoro, molto tempo si celano in una scultura.
Lo scultore oscilla, come un trapezista, tra la dimensione dell'emotività e quella della razionalità.
Lascia un trapezio in volo, per lanciarsi verso l'altro.
E ritorno - e di nuovo - ed ancora - concludendo con un grande volteggio finale: et voilà, Signore e Signori: l'Opera è compiuta!

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