Una crepa sulla fronte. Passante, marcata e vistosa, Persino il soggetto ritratto sembra stupito dalla fessura comparsa così impunemente sulla sua fronte.
Bernini aveva ricevuto nel 1632 l'incarico di ritrarre in un busto il cardinale Scipione Borghese, già suo committente per il David, il Ratto di Proserpina ed Apollo e Dafne. Forse il suo committente più importante.
Possiamo solo immaginare lo stato d'animo del Bernini, ai tempi già affermato scultore di trentaquattro anni, alla comparsa della crepa sulla fronte del capolavoro, ormai ultimato e pronto per essere consegnato.
Eppure Bernini doveva essersi reso conto già da tempo della presenza di una insidiosa venatura nel blocco di marmo, visto che aveva provveduto ad infilarvi in posizione defilata due perni metallici, mascherati da dei tasselli di marmo. Evidentemente Bernini, che non era un perfezionista, aveva ritenuto di poter risolvere il problema del "pelo" presente nel blocco di marmo con i due perni.
Ed infatti il ritratto di Scipione Borghese è perfettamente rifinito, sia come dettagli (eccezionale il sesto bottone della mozzetta infilato solo per metà nell'asola), che per finitura delle superfici (lucide ed opache a seconda degli effetti desiderati).
Eppure, nonostante i due perni metallici, la crepa era comunque avanzata, fino a giungere sulla fronte del cardinale.
Fessure del genere non sono nuove a chi lavora il marmo. In gergo sono detti "peli di cava". Essenzialmente sono delle faglie di transizione della materia, più o meno evidenti anche per colorazione, in cui si concentrano stati tensionali, e quindi più propense ad evolvere in vere e proprie crepe man mano che lavorando si rimuove parte del marmo dal blocco. Anche a lavoro ultimato i cicli termici caldo/freddo possono far evolvere i "peli" in vere e proprie crepe.
E' noto come Michelangelo passasse intere settimane nelle cave per scegliere personalmente i blocchi di cava da scolpire. Bernini invece era meno scrupoloso, forse anche un po' presuntuoso. Era consapevole delle proprie incredibili capacità tecniche ed artistiche, e riteneva di poter ricavare capolavori anche da blocchi di marmo di seconda scelta (fatto non secondario, più economici).
Però la crepa sulla fronte del cardinale doveva esser parsa anche a lui un po' troppo difficile da far accettare al proprio mecenate.
Si narra che Bernini ordinò in gran segreto un secondo blocco di marmo (invero non molto migliore del precedente), e che scolpì ex-novo il ritratto in sole quindici notti.
La seconda versione del ritratto è pressoché identica alla prima.
Del resto, se per eseguire la prima versione possiamo supporre che Bernini abbia fatto posare il soggetto ritratto, per la seconda, fatta in segreto, Bernini avrà impiegato verosimilmente come modello il ritratto della prima versione.
Tuttavia, ad uno sguardo molto attento si possono rilevare segni di strumenti impiegati per velocizzare il lavoro di finitura (come l'impiego di abrasivi sull'incarnato del volto, al posto della raspa), ed una minor cura nei dettagli (gli occhi in particolar modo sono un po' meno espressivi). Del resto, rifare da capo un capolavoro ormai finito nei minimi dettagli non sarà stato né piacevole né stimolante.
Gli storici narrano che Scipione Borghese si adirò molto con Bernini per l'incidente. Però poi di fatto tenne anche la prima versione del busto. Entrambi sono ancor oggi ammirabili in Galleria Borghese, a Roma.
© CC BY